La Pazza si agita, minuscola stretta in un banco gigante, e ammette con candore la sua ignoranza sui circuiti, e di nascosto legge di Vitali, di beghine e di fanciulle che pagano anche solo per guardare.
E sogna di scarpe rosse senza caviglie mozzate; timore di parcheggi, rosa di patente e ansia di Maturità.
E ricorda un tavolo marcio sotto le stelle, all'ombra della Becca, e mani gelate sotto una copertina, ma niente cuscino.
E intanto, lo Strano spedisce l'abbonamento al mai più, tra le indifferenti risate della Pazza. E non è contraddizione, non mi serve Freud, ma una comunione di follia
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